Gli scopi e le finalità del Movimento Serra sono condensati in tre punti tutti rivolti alle vocazioni e quindi a chi è portatore di vocazione per eccellenza, il Sacerdote. Il primo punto così recita: "Favorire e sostenere le vocazioni al sacerdozio ministeriale della Chiesa cattolico, come una particolare vocazione al servizio, e sostenere i sacerdoti nel loro sacro ministero". Sostenere i sacerdoti nel loro sacro ministero, nella vocazione che è il fondamento; ma non solo, anche in tutte le necessità che la vocazione comporta ... anche quelle materiali. Il sacerdote dedica tutta la sua vita a Dio e ai fratelli per aiutarli nel loro cammino verso Dio. I fedeli quindi devono sentirsi membri attivi della comunità, con l'attenzione verso i bisogni del proprio pastore, in unione solidale con tutti i sacerdoti della vigna del Signore. I fedeli serrani svolgono lodevolmente, con impegno, le loro attività per mezzo di incontri organizzativi, vocazionali, formativi e di cultura religiosa, ma non sempre di promozione del sostentamento dei sacerdoti. Per introdurre il tema mi pare bello qui raccontare tre storie di sacerdoti destinatari della solidarietà comunionale della chiesa. Don Luigi, molti partono, lui resta. Se non ci credete, non vi resta che andarlo a vedere. C'è un po' di strada da fare, mai comunque quanta ne fa lui ogni giorno da infiniti giorni. Per trovare don Luigi Lavagnino bisogna arrampicarsi verso il passo di Centocroci, che perfino la carovana del Giro d'Italia risale malvolentieri: troppo fuori mano, oppure scegliere la via più lunga da La Spezia. Don Luigi è parroco di quattro parrocchie di tre comuni diversi; Castello, Chiama, Maissana e Salino. Va avanti e indietro, sulle strade di montagna della Val di Vara, sull'Appennino ligure, ogni giorno a trovare la sua gente. Che cosa c'è di strano? C'è che don Luigi ha oltrepassato i novanta anni ed è li dai tempi della guerra. Se ci andate, troverete sicuramente qualche anziano dagli occhi vivi, le mani ossute e il volto rugoso che li ricorda quei giorni. Prima, a conflitto in corso, don Luigi dava assistenza ai partigiani inseguiti dai fascisti. Poi, a conflitto terminato, ha impedito che venissero consumate vendette sommarie. “Come prete, non potevo fare diversamente", vi dirà. Tanti hanno abbandonato i paesini della Val di Vara. D'altronde, secondo la logica della pura convenienza, lassù tutto "costa": i servizi sanitari, la scuola, la posta, i trasporti. Don Luigi però è rimasto vicino a chi ha scelto di rimanere su quelle montagne, Le sue comunità sono povere e se riceve ogni mese una piccola remunerazione che gli consente di dedicarsi alla sua gente è anche perché c'è l'otto per mille. Se don Luigi, e i tanti preti come lui in missione nelle cento remote vallate della nostra penisola, ovunque c'è una comunità anche piccolissima, possono continuare a svolgere la loro missione, è perché c'è chi firma a favore della Chiesa cattolica o fa un'offerta deducibile. Don Giuseppe, Il parroco sull'isola in fondo all'Europa. Giù, molto in giù, fino alla parrocchia più meridionale d'Europa. Linosa ha appena 450 abitanti. Non ha ospedale. La scuola si ferma ai 14 anni. E se qualcuno ha bisogno di qualcosa, bisogna sperare nella clemenza del tempo. Ma la Chiesa c'è. Tra la gente di Linosa viveva sino a poco tempo fa perché ora trasferito ad altro incarico, don Giuseppe Coppola. Fatalmente la sua parrocchia diventa punto di riferimento di tantissimi problemi. Don Giuseppe (ora il suo sostituto) si sveglia all'alba senza sapere quando andrà a dormire. Sempre in movimento, testimoniando con la sua vita che nessuno è troppo piccolo per non essere ricordato da Cristo e dalla sua Chiesa. Se ha potuto mettersi a completa disposizione della comunità di Linosa, così come tanti altri preti di tante altre comunità, è perché l'otto per mille e le offerte deducibili dei contribuenti garantiscono loro una vita dignitosa. Dal nord al sud e infine al centro, nella metropoli: Roma. O meglio ai suoi margini e con i suoi problemi: Pietralata. Già, a Pietralata chi dicono che sia don Aristide? "Un padre. Uno che non sta mai fermo". Lui direbbe: uno che ascolta e da speranza, e invita a fare altrettanto. E lo stile della Caritas parrocchiale: "ascoltando" quanto avviene nel quartiere. Ed anche, come dicono i volontari, "dare sempre quanto è necessario agii Ultimi"... roba nuova, non rotta". Se don Aristide può non stare mai fermo in aiuto alle vecchie e nuove povertà e dedicarsi a tempo pieno alla sua nuova e vecchia gente, è perché può contare, come tutti i 38.000 preti italiani, sull'otto per mille e le offerte deducibili di Rapallo o Santa Margherita, ecc. Questi sono tre dei 38.000 preti che beneficiano del sistema "Sovvenire alle necessità della Chiesa". Per la Chiesa cattolica, c'è un testo che fonda il nuovo sistema dal punto di vista teologico e pastorale. Si chiama Sovvenire alle necessità della Chiesa. Corresponsabilità partecipazione dei fedeli, ed è del 1988. In occasione dell'Assemblea del maggio dello scorso anno, i vescovi italiani hanno deciso di ribadirne il valore, a venti anni esatti di distanza, con la lettera pastorale Sostenere la Chiesa per servire tutti. Quel testo è importantissimo perché spiega che il nuovo sistema di sostentamento non è un semplice meccanismo pratico. funzionale, moderno per garantire risorse alla Chiesa; ma racchiude in sé profondi valori sia ecclesiali che civili. ll Cardinale Attilio Nicola., già. vescovo dell'onoxl0C0 come amava definirsi, ne elenca dodici: sei ecclesiali e sei civili che cerco qui di sintetizzare. La comunione. Meglio la comunione attiva. Attiva è la comunione che diventa corresponsabilità nella missione della Chiesa stessa e quindi si traduce in partecipazione concreta. Per comunità ecclesiale s'impone un obiettivo educativo: indurrei credenti a mettersi a servizio della Chiesa totale. Una disponibilità totale, che sappia arrivare anche al portafoglio. Per noi serrani che serviamo le vocazioni dobbiamo sensibilizzarci innanzi tutto noi stessi e sensibilizzare gli altri, particolarmente, a questo primo valore ecclesiale. Il secondo valore è un binomio: solidarietà e perequazione, È. un valore che nel nuovo sistema di sostegno si trova tradotto in tanti modi. Alcuni di questi: perequazione tra parrocchie e diocesi. Nel nuovo sistema, le parrocchie che possono dare di più sono impegnate a dare di più, quelle che possono di meno si avvantaggiano di ciò che si risparmia dando di meno a chi ha di più. Lo stesso avviene tra le diocesi. Un esempio. Nella ripartizione della quota otto per mille assegnatale, la CEI ha destinato una certa cifra alle 227 diocesi italiane. Ebbene, metà di questa cifra è divisa in 227 parti uguali, a prescindere da estensione e consistenza delle singole diocesi. Solo sulla seconda metà incidono il numero degli abitanti e le altre variabili che rendono ogni diocesi diversa dalle altre. C'è poi la perequazione tra sacerdoti. Quelli che hanno uno stipendio o la pensione sono chiamati ad "accontentarsi", Evitano insomma di pretendere quel di più che invece, una volta soddisfatte le loro giuste esigenze, va a vantaggio di chi dispone di meno. Infine ci sono la perequazione e la solidarietà nei confronti del Terzo mondo. Il terzo valore è la libertà. Ogni contribuzione, da leggere in chiave ecclesiale, è legata alla libera scelta dei cittadini contribuenti, non ad automatismi istituzionali che la garantissero comunque, come accadeva tutto sommato un tempo. In quarto valore che la Chiesa cattolica chiede ai cittadini è di esercitare la loro libera scelta firmando a suo favore. Ma per chiedere un simile consenso deve rendere una testimonianza di assoluta credibilità evangelica. La fonte del consenso è la gente, che esprime così il proprio libero giudizio. E nulla può creare consenso più del valore della credibilità, della coerenza, dell’evangelicità della Chiesa stessa. Proprio il Vangelo promette il centuplo a chi. avrà avuto il coraggio di lasciare tutto per dedicarsi totalmente all'annuncio del Regno di Dio. Il quinto valore è la trasparenza e correttezza amministrativa. Trasparenza per essere credibili, credibili per essere liberamente scelti dai contribuenti. Sesto e ultimo valore ecclesiale: il dialogo. Il nuovo sistema dipende da fonti di "origine esterna" (offerte deducibili e otto per mille). Ciò comporta per la Chiesa la necessità di comunicare con l'opinione pubblica, attrezzandosi in forme comunicative e linguaggi almeno in parte del tutto nuovi. È il dialogo inaugurato a suo tempo dal Concilio dalla Chiesa con i credenti e con l'intera società civile. E chi meglio di noi laici credenti serrani, calati nella famiglia, nel lavoro, nell'ambiente sociale ha il compito di informare dei valori ecclesiali la società civile? Questi i valori ecclesiali. Vi sono altresì i valori civili che per ragioni di spazio tratteremo in un articolo successivo. Il riferimento ai valori civili nella nostra società è sempre più tenue. Lo stesso complesso istituzionale rischia di ripiegarsi sull'ottica dei meri meccanismi funzionali e di perdere il riferimento ai valori. Il nuovo sistema invece "costringe" in qualche modo tutti, cittadini e istituzioni, a ricordare che il senso ultimo di tutto, di tutto l'immenso complesso di meccanismi gestionali e di funzione, è sempre l'uomo. L'uomo e i suoi diritti, l'uomo e la sua esigenza di giustizia e solidarietà. E chi meglio dei laico Serrano che ama e stima i sacerdoti quali uomini portatori dei valori spirituali e morali può e deve sostenere e promuovere le necessità della Chiesa e dei suoi sacerdoti? * Presidente della Fondazione Italiana Junipero Serra |