Intervista al Vescovo Emerito monsignor Daniele Ferrari per il 15° anno di Teleradiopace - 25 aprile 2004-2005

 

Eccellenza, ricorre quest’anno il quindicennale di Teleradiopace. Lei n'è stato il fondatore, vuole ricordare quali sono stati i motivi ispiratori in quel tempo in cui il mezzo televisivo non era ancora molto diffuso nella Chiesa?

Con una frase di sintesi posso dire che il motivo ispiratore è stato quello di portare la Chiesa nelle singole case, in pratica metter a contatto il Vescovo e tutta la realtà ecclesiale con tutta la popolazione, anche con quelli che non frequentano troppo la Chiesa; soprattutto con i malati e con gli anziani che volentieri sentono una buona parola e che non hanno più la possibilità di uscire di casa. Questo è stato il primo pensiero che mi ha spinto a progettare e a prospettare quest'innovazione, che a quei tempi era una grossa novità, lo confesso; la necessità di questi mezzi di comunicazione era conosciuta alla Chiesa, soprattutto dopo il Vaticano II, però qualche serio tentativo non si era ancora realizzato. Il fatto poi che la nostra diocesi era piccola aggravava - diciamo cosi - la situazione perchè ci voleva un buon coraggio per avviare questo nuovo complicato strumento.

A dir la verità non è che ci abbia pensato molto. Forse il Signore mi ha un pochino accecato, giustamente, sulle difficoltà: ho chiamato il nostro don Fausto e abbiamo così cominciato questa bella avventura che poi è risultata tanto vantaggiosa per la diocesi intera.

L'avevo progettata, avendo avuto l'ispirazione dì questo mezzo giù a Roma durante un'adunanza della Conferenza Episcopale, lungo il viaggio di ritorno; arrivando su, avevo messo l'occhio su una persona don Fausto, che è stata essenziale: il gran fondatore. E poi anche sui mezzi economici! Dato che avevo avuto la buona promessa di un sussidio annuale da parte della Conferenza Episcopale (8x1000), ho pensato subito di destinare la somma a questa attività provvidenziale.

 

Ci può ricordare le persone, presbiteri e laici, che sono state più vicine e disponibili per questa proposta, innovativa in quel tempo, di un mezzo tecnico d'informazione?

Montare una televisione, novità assoluta, è stata come un'arrampicata in montagna in cui pochi volenterosi seguono chi si incammina su questa strada. Devo ricordare la cordata fondatrice formata dal vescovo, da don Fausto e del dottor Feretto, che, - nell' estate di quindici anni fa - hanno sudato le proverbiali sette camicie per restare nel tempo definito dalla legge Mammì, in modo da poter comunicare entro ottobre l'inizio delle trasmissioni.

Devo ricordare anche il comm.. Baratta e il Club Serra perchè sono stati volenterosamente i primi che si sono posti al servizio anche di questo desiderio del Vescovo, assicurandolo della sua buona intuizione. Così, possiamo dire, con pochissime persone ma molto ben decise, abbiamo avviato l'avventura. Nella cordata ci sono altre persone; ricordo le difficoltà per avviare l'inusitato (per allora) strumento di comunicazione.

 

Com'è stata accolta la sua proposta nell'ambiente ecclesiale. Anche se la Chiesa aveva espresso un'acuta attenzione agli strumenti dì comunicazione sociale specie dopo il Concilio Vaticano II, più volte ribadita dai documenti del Magistero. la Chiesa diocesana nel 1990, ne era pienamente consapevole e quindi pronta a recepire la necessità del mezzo moderno per comunicare alla gente e con la gente?

lo toglierei via dalla domanda la parola pienamente. Se mi dice "era consapevole?" posso dire che in linea dottrinale era abbastanza consapevole. Ma anche qui, tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare. Quello che spaventava molti non era l'astratta utilità di una televisione diocesana, ma poi la pratica esecuzione di questo mezzo: c'era molta diffidenza sulla possibilità di avviare l'iniziativa e di portarla avanti. Tanto più che i mezzi economici non abbondavano e quindi bisognava basarsi sul volontariato. Naturalmente non sono mancate anche critiche che sono state piuttosto in superficie e non è che mi abbiano, come dire, molto disturbato. Si sa bene, la specie dei brontolosauri esiste anche nella Chiesa.

Però il presbiterio soprattutto si convinse rapidamente dell'utilità; nel tempo non ho sentito più critiche, soprattutto in merito all'utilizzo dei mezzi economici (che erano proprio pochini). Penso di aver utilizzato al meglio questi primi aiuti che I'8x1000 conferiva alle chiese diocesane.

 

Teleradiopace è oggi una struttura composita che si avvale anche di volontariato motivato, ma anche di operatori con buone capacità professionali che sentono la responsabilità di chi lavora nella comunicazione sociale d'ispirazione cristiana. Dopo 15 anni d'attività del mezzo televisivo, quali sono le sue considerazioni dall'osservatorio privilegiato di vescovo emerito?

lo non sono competente in comunicazioni televisive, però resto sempre pii ammirato della capacità e della competenza degli operatori della televisione diocesana. Non faccio nomi appunto per non fare delle omissioni. Li ringrazio tutti anche perché sono rimasti esemplarmente fedeli alla loro missione. Questo è molto e non facile ad ottenersi. Cioè, non debordano, non si danno alla politica, sono molto precisi e concisi nelle loro trasmissioni, cosi che possiamo dire che la nostra è, anche sotto questo campo un'esemplare televisione cattolica, in 15 anni non ricordo che ci siano state lamentele da parte di politici, organizzazioni, movimenti di pensiero o persone per essersi sentiti offesi da qualche trasmissione. Questo peraltro è da lei ben saputo avendo ricoperto lodevolmente e generosamente per oltre dieci anni l'incarico di direttore responsabile. E ciò non è poco al giorno d'oggi.

Eccellenza, fare il giornalista è sempre stato un mestiere difficile, ma oggi lo è maggiormente, anche perché la società è divenuta complessa e complicata.

 

Lei ci ha sempre insegnato che il giornalista credente, operatore di una televisione cattolica deve avere vigile e forte la consapevolezza che il suo servizio parla sempre di persone e raggiunge le singole persone e che egli non può essere mediatore d'interessi o ideologie ma colui che fa opera di comunione e di informazione degli accadimenti odierni, delle attese e dei valori della gente. Con questa attenzione alle persone il giornalista operatore in una televisione di ispirazione cattolica deve avete la parresia, coraggio evangelico di dare voce a chi non ha voce.

Le pare che il giornalista di Teleradiopace sia riuscito nello intento in questi primi 15 anni?

A mio avviso c'è riuscito pienamente e il compito, com'è stato ben detto nella domanda, non è facile perché il giornalista d'ispirazione cattolica che vuole trasmettere il pensiero della Chiesa deve, per cosi dire, "cantare fuori del coro". La dottrina della chiesa, innanzi tutto è diversa e parte da altre fonti di quella laica: inoltre, per dato dogmatico, dato che la Chiesa sarà sempre perseguitata, il suo pensiero sarà sempre avversato. Oggi è facile, soprattutto per un giornalista, la tentazione di accarezzare il pensiero e la sensibilità corrente per avere consenso e approvazione.

Ma il giornalista cattolico e il "trasmettitore televisivo" deve sopprimere assolutamente questo istinto che si annida frequentemente in chi fa oggi televisione. Deve ricordarsi che è un portavoce ed esattamente un portavoce che non annuncia dottrine personali. Deve assimilare innanzi tutto ed esprimere soprattutto chiaramente quello che insegna la Chiesa. Andando incontro ovviamente alle inevitabili conseguenze. Per questo suona esatto il termine parresia richiamato nella domanda. Il giornalista cattolico non giudica collo sguardo altrui. Guarda alla realtà obiettiva e guarda in alto. Anche in questo noi possiamo elogiare i nostri giornalisti di Teleradiopace perchè non hanno mai debordato, cercando di appoggiare, di sostenere opinioni personali o movimenti del pensiero di moda. Non hanno mai cercato di accarezzare i vizi della folla, secondo il vizio terribile del giornalismo dei nostri giorni.

Vorrei concludere questa intervista per ritornare ai primordi della televisione e ringraziare ancora una persona che tanto ha fatto per la nostra emittente, il signor Prandi, che non ho citato all'inizio. Quando don Fausto era alla ricerca delle lunghezze d'onda necessarie per avviare le trasmissioni, il signor Prandi gli indicò due lunghezze d'onda da usare gratuitamente. Da queste lunghezze d'onda è sorta la nostra emittente. Questo fu l'inizio e per questo inizio oggi parliamo dì Teleradiopace. Desidero proprio ringraziare questa persona anche perchè è il papà di un sacerdote, don Maurizio.

Questo dettaglio l'avevo dimenticato, ma siccome (la televisione) ha coinvolto poi tante persone, tanti dettagli mi sono usciti dalla mente. Ma ad un anziano si può perdonare questo!