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Luciano Serra primo cappellano
Di lui si è detto e scritto molto. Il periodico: "Vita perché - La voce del Seminario" gli ha dedicato il n. 2 - marzo aprile 1989 - con le firme del Vescovo Daniele Ferrari (Il protagonista silenzioso), di Giuseppe Boccoleri (La morte del Cappellano), del diacono Marco Torre (Una stagione di grazia e di dolore), del diacono Fausto Brioni (Grazie don Luciano) e del suo parrocchiano Stefano Chiappe (Un segno profondo). Il parroco che l'ebbe carissimo, don G.B. Cuneo, lo ricordò e lo celebrò più volte nei suoi splendidi e interessanti volumi "Storia in briciole" dedicati ai suoi parrocchiani di S. Lorenzo della Costa e S. Martino di Noceto; Padre Raimondo Spiazzi lo ricordò nel suo secondo volume "Nostra Signora dell'Orto in Chiavari - Memorie e testimonianze" (Tip. Emiliani, 1995 Rapallo). Nel 1990, con prefazione di Stefano Chiappe, uscì il libro "Ho detto di sì al Signore - Raccolta di scritti di don Luciano" (A.G. Canessa, 1990, Rapallo). dal libro “Chiesa di Chiavari – Vescovi e sacerdoti rivivono nella memoria” Nicola Tiscornia 2010
da Album fotografico “don Luciano Serra” di don G.B. Cuneo, parroco di San Lorenzo della Costa, 2009
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Quanti meravigliosi preti «non protagonisti» ! «Buoni e quieti» nel confessionale
Leggendo «Il Giornale dell'Anima» di Giovanni XXIII mi sono imbattuto in una di quelle frasi che costituiscono un valido motivo di meditazione e più ancora un importante impegno di vita; su poche parole ci si può costruire una vita intera. Dice Giovanni XXIII nel suo testamento spirituale: «Il senso del mio niente e della mia pochezza mi ha fatto sempre buona compagnia». Mi sono fermato a pensare, quasi «invidioso»...! «...il senso del mio niente e della mia pochezza..!». Dal pensare a me stesso (nel mio sacco non c'è questo tipo di farina!) sono passato agli altri e ho ricercato nella mia mente tante e tante figure di confratelli che «se ne stanno buoni e quieti» svolgendo nella chiesa un preziosissimo e fondamentale ministero. Mi dicevo: «Ci sono tanti che parlano di ministeri, di sacramenti! Che sanno dirti tutto il possibile immaginabile sull'Eucaristia, sulla Penitenza...». Ma che servirebbe tutto ciò se poi non ci sono chi celebra la S. Messa, soprattutto non ci fosse chi se ne sta «buono e quieto» in confessionale! Oh, i preti del confessionale! Come è difficile stare in confessionale, spesso in posizione scomoda, senza che nessuno ti veda e abbia parole di ammirazione per te, senza essere protagonisti. Sembrerebbe l'ultimo dei ruoli di un prete, eppure, se ben ci pensiamo, è il primo ministero, il primo servizio è quello di essere strumento di Gesù Cristo per la salvezza delle anime, perché proprio per questo Egli è venuto. Pensiamo ai meriti di chi se ne sta «buono e quieto» in confessionale. Nessuno lo vede, forse nessuno sa chi è ma ... che risultati! Da peccatori a figli di Dio!. E ancora mi veniva a pensare ai preti che vanno qua e là, dove c'è bisogno di una S. Messa, di una predica per una festa, di un po' di confessioni. Quelli che hanno sempre tempo, che non ti dicono mai di no, pur avendo tanti impegni (perché vale anche per noi preti il proverbio: se vuoi ottenere qualcosa chiedilo a chi ha tanto da fare). Ebbene, proprio di questi preti non protagonisti, senza alcuna pretesa, neppure quella di vedere il frutto del loro lavoro, proprio di questi la chiesa ha bisogno. Preti di buon senso, che sanno vedere e colmare i «vuoti», che sanno incontrare le anime, anche e soprattutto le più lontane, preti che stanno al loro posto, che sanno essere strumenti nella mano di Dio, manovali nella costruzione del grande edificio della Chiesa, che stanno «buoni e quieti», perché hanno il senso del loro niente e della loro pochezza e nella loro umiltà infinita sono favoriti dalla grandezza delle cose che Dio ha fatto in loro. Sono preti che vivono nel silenzio e nel nascondimento. Nessuno parla di loro, nessuno si accorge di loro, non avranno riconoscimenti ma ... «grande sarà la loro ricompensa nei cieli». Ho letto sull'ultimo numero di Vita Perché (*) dei due nostri amici, Fabio e Roberto, chiamati alla vita claustrale: silenzio e nascondimento. «Un po' a malincuore — dice chi scrive — accogliamo le fraterne insistenze». Infatti non è importante sapere, far pubblicità; «i fatti e i volti parlano da soli». I fatti: la grazia, i doni di cui si riempie la nostra chiesa. «Come un vento leggero di cui non sai ne donde viene ne donde va: ma di cui senti i benefici»! Vorrete scusare se ho esagerato un po', ma è stato l'entusiasmo a trascinarmi. A Papa Giovanni ho chiesto un grazia per la mia salute, ma con questa un'altra altrettanto importante: quella di poter possedere il senso del mio niente e della mia pochezza per starmene sempre buono e quieto, senza rodermi continuamente il fegato credendo di essere chissà chi e di essere chiamato a far chissà che cosa. È un dono grande e un grande privilegio possederlo e una ricchezza per tutti. Chi lo possiede non parla tanto di se stesso e non si accorge di averlo! don Luciano Serrra |